Era una fredda sera d'autunno e la maestra Sinforosa doveva correre a un incontro con altre maestre. Appena arrivata a casa da scuola, si preparò un caffè, sgranocchiò qualche biscotto, si lavò i denti e via, di nuovo in bici per raggiungere l'altra scuola. Dopo aver percorso una via larga, girò a destra e lì per lì si domandò cos'era quel foglietto di carta che svolazzava di qua e di là. Le ci volle solo un attimo per capire che il foglietto di carta era invece un piccolo e impaurito canarino.
«Lo prenda, lo prenda» le gridò un signore che veniva dalla parte opposta della via.
«Ma no, non posso e poi devo andare a scuola, mi scusi».
«Ma lo prenda, mi aiuti».
Sinforosa appoggiò la bicicletta al muro e cominciò a rincorrere l'uccellino che faceva dei voletti e poi si rintanava in qualche cantuccio della via lunga e stretta.
«Adesso lo prendo io», assicurò il signore, che nel frattempo si era tolto la giacca per gettarla addosso al piccolo pennuto. Ma niente, il canarino riusciva ogni volta a sfuggire a qualsiasi presa e, con fatica, riprendeva i suoi brevi e incerti voletti.
«Mi dispiace ma io devo proprio andare. Devo andare a una riunione e sono già in ritardo. Buonasera».
«Ma no, aspetti, glielo prendo».
«Le ho detto che non posso e poi non vado a casa, dove lo metto? Lo dia a quella signora».
Sì, perché proprio in quel momento, all'inizio della via c'erano una signora con un bambino. Senza più voltarsi indietro, Sinforosa svoltò a sinistra e filò via a rotta di collo.
Finì alle sette di sera, quella riunione, e quando uscì da scuola era buio pesto. Sinforosa si diresse verso casa e nell'imboccare la via stretta e lunga era inevitabile che il suo pensiero andasse al canarino. Magari qualcuno lo ha preso o magari è già morto, poverino. Nel pensare a queste cose, gettava gli occhi di qua e di là negli anfratti più bui per assicurarsi che non fosse lì, morto. No, non c'è, meno male, magari si sarà salvato e pensando a questo lieto fine giunse davanti a casa.
«Ma lo prenda, mi aiuti».
Sinforosa appoggiò la bicicletta al muro e cominciò a rincorrere l'uccellino che faceva dei voletti e poi si rintanava in qualche cantuccio della via lunga e stretta.
«Adesso lo prendo io», assicurò il signore, che nel frattempo si era tolto la giacca per gettarla addosso al piccolo pennuto. Ma niente, il canarino riusciva ogni volta a sfuggire a qualsiasi presa e, con fatica, riprendeva i suoi brevi e incerti voletti.
«Mi dispiace ma io devo proprio andare. Devo andare a una riunione e sono già in ritardo. Buonasera».
«Ma no, aspetti, glielo prendo».
«Le ho detto che non posso e poi non vado a casa, dove lo metto? Lo dia a quella signora».
Sì, perché proprio in quel momento, all'inizio della via c'erano una signora con un bambino. Senza più voltarsi indietro, Sinforosa svoltò a sinistra e filò via a rotta di collo.
Finì alle sette di sera, quella riunione, e quando uscì da scuola era buio pesto. Sinforosa si diresse verso casa e nell'imboccare la via stretta e lunga era inevitabile che il suo pensiero andasse al canarino. Magari qualcuno lo ha preso o magari è già morto, poverino. Nel pensare a queste cose, gettava gli occhi di qua e di là negli anfratti più bui per assicurarsi che non fosse lì, morto. No, non c'è, meno male, magari si sarà salvato e pensando a questo lieto fine giunse davanti a casa.
«Oh Signore! Eccolo lì».
Proprio nella lancia di luce del lampione che illumina il cortile della casa di Sinforosa, ecco un batuffolo rannicchiato e tremante: era lui, il canarino. Dopo ben due ore e più di voli e voletti fra traffico e persone, si era rintanato proprio lì, nel pezzetto di cortile illuminato dal lampione, se non si fosse rannicchiato in quella lama di luce nessuno si sarebbe accorto di lui, nemmeno Sinforosa e durante la notte sarebbe morto di sicuro. E fu così che Giangiorgio arrivò a casa della vostra maestra.
«Vi è piaciuta?».
«Sìììì. La racconti ancora?».
Proprio nella lancia di luce del lampione che illumina il cortile della casa di Sinforosa, ecco un batuffolo rannicchiato e tremante: era lui, il canarino. Dopo ben due ore e più di voli e voletti fra traffico e persone, si era rintanato proprio lì, nel pezzetto di cortile illuminato dal lampione, se non si fosse rannicchiato in quella lama di luce nessuno si sarebbe accorto di lui, nemmeno Sinforosa e durante la notte sarebbe morto di sicuro. E fu così che Giangiorgio arrivò a casa della vostra maestra.
«Vi è piaciuta?».
«Sìììì. La racconti ancora?».
Sapete che ho inventato una bella filastrocca per lui, adesso ve la dico.
E recito canticchiando la Filastrocca per Giangiorgio.
Io sono dellidea che certi incontri non si fanno mai per caso.
RispondiEliminaEra destino che tu lo accogliessi. Era destino che lui si perdessi e che poi ai riposasse davanti a casa tua.
E' stato un canarino fortunato!
Belli i disegni dei tuoi bimbi! Chissà se Giangiorgio si riconoscerebbe in quei canarini.....
Ciao
In verità è una storia che ho raccontato immediatamente ai miei bimbi, il giorno dopo averlo trovato. Quando ritornerò a scuola racconterò della sua morte e so già che questo fatto susciterà tante considerazioni ed emozioni.
EliminaAnch'io, come te, credo che fosse destinato a me, proprio a me.
Ciao ciao
sinforosa
Sì, Valeria, se ne è andato, in poche ore. A volte penso di aver sbagliato qualcosa, ma se l'ho fatto, l'ho fatto per ignoranza. Per esempio ho saputo solo ora che non si dovrebbero tenere i canarini in cucina e invece io lo tenevo proprio lì, perché mi facesse e ci facessimo compagnia. Eppure anche Anacleto, un canarino che ho avuto per sei anni, lo tenevo in cucina. Mah, chissà cosa gli è capitato? Tesoro.
RispondiEliminaCiao e Buon Anno Nuovo a te e a tutta la tua bella famiglia.
sinforosa