In questi giorni si fa un gran parlare del cognome della madre da affibbiare al nascituro - a parte che di questi tempi in questa nostra povera Italia ci sono questioni molto più urgenti da discutere e risolvere - io al proposito ho qualche idea per la testa, le donne non me ne vogliano.
Il cognome che il nascituro prende alla nascita, quello paterno, appunto, penso sia dovuto più a una tradizione che a una legge, io, però, in questo non sono afferrata; forse è un retaggio del Diritto Romano che imponeva questa usanza.
Ora, oggi come oggi le coppie scoppiano per un nonnulla, si sa, vi immaginate cosa accadrebbe fra i due coniugi al momento della nascita del loro bambino/a? Il bambino in questione prenderà il cognome del papà, come da tradizione, o quello della mamma ? Questo sì che sarebbe un buon motivo per far scoppiare una coppia, magari appena formata. Al di là della confusione che si creerebbe, lascio agli esperti districare la matassa, a questo punto si renderebbero necessari patti pre-matrimoniali nei quali stabilire in anticipo quale cognome dare alla prole. Ma poiché un argomento non è mai a sestante, ma è sempre collegato ad altri, mi sovviene una riflessione sui vantaggi dell'essere donna per quanto riguarda questi argomenti.
Generalmente è lei, la donna, a decidere se e quando avere un figlio e soprattutto, siamo tutti a conoscenza dello strapotere che ha la donna sul nascituro. La legge dà a lei, e solo a lei, il potere di decidere se far nascere o non un bambino, il padre, purtroppo, resta e deve, per legge, restare fuori dalla faccenda. Quanti padri si sono visti rifiutare, dalla propria donna (moglie, compagna...) la possibilità di esserlo, padre? Allora penso che anche la legge sull'aborto (legge che io non condivido nel modo più assoluto poiché tutela la donna - non so fino a che punto, perché non indaga nella coscienza e nella mente di una donna che ha abortito - e non l'essere più indifeso in quel momento e cioè il bambino, che non ha voce in capitolo. E non mi si venga a dire che la legge è stata fatta per legalizzare un'illegalità, perché a quel punto dovremmo legalizzare il furto, la rapina a mano armata, le droghe leggere e pesanti e tutta l'illegalità del mondo) dovrebbe essere un po' cambiata e dare voce anche ai padri.
Come dicevo all'inizio dell'articoletto, care donne, sia chiaro, lungi da me il giudicare una donna che ha abortito. Il dolore di tale atto, in una donna, è tale, che merita solo rispetto - di questo la legge non se ne cura, ce ne rendiamo conto? -, tuttavia, donne, diamo voce anche ai padri. Ascoltiamo il loro parere, il loro desiderio di diventare papà. Non usiamo il nostro strapotere sul figlio. Il figlio è la conseguenza di un atto di amore fra due persone, fosse anche solo di pochi minuti è sempre frutto di amore fra due, e dico due, persone.
Il cognome che il nascituro prende alla nascita, quello paterno, appunto, penso sia dovuto più a una tradizione che a una legge, io, però, in questo non sono afferrata; forse è un retaggio del Diritto Romano che imponeva questa usanza.
Ora, oggi come oggi le coppie scoppiano per un nonnulla, si sa, vi immaginate cosa accadrebbe fra i due coniugi al momento della nascita del loro bambino/a? Il bambino in questione prenderà il cognome del papà, come da tradizione, o quello della mamma ? Questo sì che sarebbe un buon motivo per far scoppiare una coppia, magari appena formata. Al di là della confusione che si creerebbe, lascio agli esperti districare la matassa, a questo punto si renderebbero necessari patti pre-matrimoniali nei quali stabilire in anticipo quale cognome dare alla prole. Ma poiché un argomento non è mai a sestante, ma è sempre collegato ad altri, mi sovviene una riflessione sui vantaggi dell'essere donna per quanto riguarda questi argomenti.
Generalmente è lei, la donna, a decidere se e quando avere un figlio e soprattutto, siamo tutti a conoscenza dello strapotere che ha la donna sul nascituro. La legge dà a lei, e solo a lei, il potere di decidere se far nascere o non un bambino, il padre, purtroppo, resta e deve, per legge, restare fuori dalla faccenda. Quanti padri si sono visti rifiutare, dalla propria donna (moglie, compagna...) la possibilità di esserlo, padre? Allora penso che anche la legge sull'aborto (legge che io non condivido nel modo più assoluto poiché tutela la donna - non so fino a che punto, perché non indaga nella coscienza e nella mente di una donna che ha abortito - e non l'essere più indifeso in quel momento e cioè il bambino, che non ha voce in capitolo. E non mi si venga a dire che la legge è stata fatta per legalizzare un'illegalità, perché a quel punto dovremmo legalizzare il furto, la rapina a mano armata, le droghe leggere e pesanti e tutta l'illegalità del mondo) dovrebbe essere un po' cambiata e dare voce anche ai padri.
Come dicevo all'inizio dell'articoletto, care donne, sia chiaro, lungi da me il giudicare una donna che ha abortito. Il dolore di tale atto, in una donna, è tale, che merita solo rispetto - di questo la legge non se ne cura, ce ne rendiamo conto? -, tuttavia, donne, diamo voce anche ai padri. Ascoltiamo il loro parere, il loro desiderio di diventare papà. Non usiamo il nostro strapotere sul figlio. Il figlio è la conseguenza di un atto di amore fra due persone, fosse anche solo di pochi minuti è sempre frutto di amore fra due, e dico due, persone.
sinforosa castoro
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