Un genitore non vuole altro che vedere il proprio figlio crescere, possibilmente in modo armonico, e diventare autonomo, in tutti sensi, eppure quando il figlio incomincia a riempire scatoloni con la propria roba per poi spiccare il volo, ecco che nel genitore si scatena una guerra di emozioni.
Fino a venti, trent'anni fa, un figlio lasciava la casa paterna quasi unicamente per sposarsi, e in genere era per sempre, oggigiorno non è più così.
Un figlio se ne va di casa per infinite motivazioni e non è detto che sia per sempre, anzi, persino chi e ne va perché si sposa, frequentemente esce dalla porta per poi, magari, a distanza di anni, rientrare dalla finestra. Tuttavia, ieri come oggi al genitore spetta affrontare questa dura realtà del cosiddetto nido vuoto.
Già in questo post è stato affrontato l'argomento e quindi non voglio ripetermi e annoiare, sottoscrivo di nuovo tutto ciò che è stato scritto in quel post, aggiungendo solamente un nuovo un tassello, non irrilevante, per tutti quei genitori che vivono la maternità e la paternità come vocazione, così come il loro matrimonio.
Vocazione (dal lat. Vocatio - onis: chiamata, invito) è una parola un po' in disuso e di questi tempi può suonare addirittura stonata, eppure per chi ha fede in Dio sa che è una parola che si sposa benissimo con altri termini: matrimonio, paternità/maternità.
Chi si sposa per vocazione sa che nel matrimonio agisce continuamente anche quella Grazia particolare dello Spirito Santo infusa nel giorno del matrimonio e sa che i figli che ne conseguiranno, prima di essere figli della coppia, sono figli di Dio, amati da Lui, ancor più che dai genitori stessi, e chiamati anch'essi a una santa vocazione.
Ora, in questa prospettiva, la guerra di emozioni scatenata dalla realtà del nido vuoto non può essere altro che uno spazio di tempo più o meno lungo nel quale il genitore, accanto alla sofferenza per lo "strappo", inevitabile, ripercorre il suo cammino vocazionale al matrimonio e alla maternità/paternità, riconfermando il suo sì alla chiamata di Dio e ridonando a Lui, e solo a Lui, ciò che gli appartiene di diritto, cioè il figlio, e chiedendo a Lui, e a Lui solo, di guidare ancora una volta la sua vita di sposo/sposa, di genitore e la vita di quel figlio che ha spiccato il volo. Dio, a differenza nostra, mantiene fede alle sue promesse.
sinforosa castoro
Fino a venti, trent'anni fa, un figlio lasciava la casa paterna quasi unicamente per sposarsi, e in genere era per sempre, oggigiorno non è più così.
Un figlio se ne va di casa per infinite motivazioni e non è detto che sia per sempre, anzi, persino chi e ne va perché si sposa, frequentemente esce dalla porta per poi, magari, a distanza di anni, rientrare dalla finestra. Tuttavia, ieri come oggi al genitore spetta affrontare questa dura realtà del cosiddetto nido vuoto.
Già in questo post è stato affrontato l'argomento e quindi non voglio ripetermi e annoiare, sottoscrivo di nuovo tutto ciò che è stato scritto in quel post, aggiungendo solamente un nuovo un tassello, non irrilevante, per tutti quei genitori che vivono la maternità e la paternità come vocazione, così come il loro matrimonio.
Vocazione (dal lat. Vocatio - onis: chiamata, invito) è una parola un po' in disuso e di questi tempi può suonare addirittura stonata, eppure per chi ha fede in Dio sa che è una parola che si sposa benissimo con altri termini: matrimonio, paternità/maternità.
Chi si sposa per vocazione sa che nel matrimonio agisce continuamente anche quella Grazia particolare dello Spirito Santo infusa nel giorno del matrimonio e sa che i figli che ne conseguiranno, prima di essere figli della coppia, sono figli di Dio, amati da Lui, ancor più che dai genitori stessi, e chiamati anch'essi a una santa vocazione.
Ora, in questa prospettiva, la guerra di emozioni scatenata dalla realtà del nido vuoto non può essere altro che uno spazio di tempo più o meno lungo nel quale il genitore, accanto alla sofferenza per lo "strappo", inevitabile, ripercorre il suo cammino vocazionale al matrimonio e alla maternità/paternità, riconfermando il suo sì alla chiamata di Dio e ridonando a Lui, e solo a Lui, ciò che gli appartiene di diritto, cioè il figlio, e chiedendo a Lui, e a Lui solo, di guidare ancora una volta la sua vita di sposo/sposa, di genitore e la vita di quel figlio che ha spiccato il volo. Dio, a differenza nostra, mantiene fede alle sue promesse.
sinforosa castoro
Momenti tumultuosi per l'anima. Poi la consapevolezza, l'accettazione. L'amore che non si interrompe a causa di quattro scatoloni.
RispondiEliminaAnch'io la penso così: è la vita che va avanti, che non si arresta, mai.
Eliminasinforosa
Tenero , commovente, veritiero...
RispondiEliminaTi stringo forte
Grazie, Nella. Un abbraccio anche da parte mia.
Eliminasinforosa
Un figlio che ti vuole bene spiritualmente non va mai via di casa.
RispondiEliminaCiao sinforosa.
Certo, Gus, l'amore continua al di là dei muri che separano.
Eliminasinforosa
Sì, Valeria, ne sono convinta anch'io.
RispondiEliminaUn abbraccio.
sinforosa
Un figlio nasce per sempre. Le mie riflessioni sono sempre legate alla mia Valeria.
RispondiEliminaMia nuora un giorno mi rimproverò,perchè vorrei che i miei figli fossero più presenti e disse:" tu Lucia non hai ancora capito che i tuoi figli ora abitano in un'altra casa!" Non ho risposto. Ciao Sinfo.
Eh sì, i figli prendono altre strade, con altre persone e noi dobbiamo sperare di diventare "mamme e papà" anche delle persone che ora vivono con i nostri figli. Ciao Lucia, grazie e buona domenica.
Eliminasinforosa